Ieri, domenica, la sveglia è suonata alle 6,40.

Ieri, domenica, la sveglia è suonata alle 6,40. Non sono riuscita a svegliarmi subito, “altri 5 minuti”, poi per la paura di arrivare tardi, mi sono lavata il viso veloce, un pò di cipria per l’aver dormito poco, una passata di mascara e via fra la nebbia.
Alle 7,30 ero già a firmare fogli. La colazione sono riuscita a farla successivamente con la barista che mi chiedeva se al posto del caffè avessi voluto un amaro, per superare la giornata. Centinaia di fogli compilati, centinaia di nomi da cercare, penne che sparivano come se ci fosse il fantasma formaggino, le vie errate, abitanti ed elettori da aggiungere nelle liste. E poi anziani che alle 8.30 avevano già votato perchè il sugo nel tegame si bruciava, le tante domande: “Ma come si piega la scheda?” e il pensiero nostro (come si piegherà signora? in 2, in 4, come vuole), “Ma come si vota, si deve scrivere il nome?” “No, basta una ics, una crocetta, una crocina, un segno, una riga, qualcosa…”. E la fila, le lamentele, le mani che bruciavano perchè tentavi di scrivere più volocemente possibile ma le cose erano tante, nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza e 3 firme, anzi no, 4. Ma anche il piacere di vedere tanti a votare, anziani, giovani (un pò meno), imprenditori, operai, casalighe, studenti, speranzosi. E mentre eri li, con il sedere che chiedeva asilo politico in un altro stato, la vescica che ululava come il lupo con la luna piena, tuo padre che si affacciava chiedendo “ma a pranzo torni, e a cena?”, la gambe che non sapevi più dove metterle, ma lì le dovevi lasciare perchè eravamo in 5 in un tavolo e lo spazio non c’era, la pancia che faceva gru gru perchè avevi pranzato in 5 minuti, chiamando mentre uscivi dal seggio “mamma scalda la pasta” e la nonna che mentre masticavi l’ultimo cannellone ti preparava il piatto con il pollo e le patate, non ti interessava più chi votassero quelle persone in fila, quelle persone che di domenica, invece di comprar regali in centro, avevano deciso di donare altri 5 o 10 minuti per la speranza, non ti interessava più perchè eri felice di aver sentito 577 volte la stessa battuta, “che mi fate firmare una cambiale?”, “ho messo più firme oggi che quando ho preso il mutuo”.
Non importa.
Perchè poi arriva il signore che era in fila dietro tua madre (alla quale lei ti aveva indicato orgogliosa “E’ quella li mia figlia, quella con gli occhiali grossi”) e quando gli dici “signore le devo far fare un pò di firme”, lui ti risponde: “Non si preoccupi signorina, faccio tutto quello che mi chiede”, “ancora un’altra, signore”, “certo signorina”, “l’ultima qui…” “certamente signorina”,  arriva la pace dei sensi. Non ti importa più su quale casella faccia la sua ics, perchè quella gentilezza, quella eleganza, ti ripaga delle tue 12 ore seduta su una sedia, ti ripaga della sveglia alle 6.40, ti ripaga del pranzo in 5 minuti, ti ripaga di tutto.
E poi inizi a contare quelle schede e l’importante è che il numero torni con le firme, non guardi più qual’è il mazzetto più alto, si lo vedi, ma non ti importa perchè hai vinto tu, tu che hai passato la tua domenica al seggio, seduta accanto a militanti del tuo partito, tutti dello stesso colore, “tifosi” dell’uno o dell’altro, ma tutti uguali.
Poi prendi lo scotch in mano per sigillare ogni busta, e quando lo fai, capisci che è finita, che tutto è tornato, che puoi riportare a casa le tue gambe, la tua schiena, la tua vescica (forse ancora un pò piena), la tua pancia che alle 21.30 reclama una cena.

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